mercoledì 10 settembre 2014

Albania - Una sensazione simile alla felicità

Avrei potuto semplificamme la vita riassumendo i giorni di viaggio in Albania con: andatece, non ve ne pentirete e poi me raccontate.

Ma sarebbe suonato più come na campagna pubblicitaria e non come un post de un blog de viaggi, pure se mezzo farlocco.

Invece che in  una campagna pubblicitaria noi stamo sperduti nella campagna albanese, anzi in una valle isolata tra picchi maestosi.
Dobbiamo tornare a Shkodra. Tra le quattro abitazioni del villaggio di Theth incontriamo una coppia di brasiliani che già avemo incrociato a Sarajevo. Sono tre ore che aspettano un fantomatico autobus. All'una passa. J'hanno detto. Alle due passa. J'hanno notificato. Alle tre passa. J'hanno dilazionato. Tra mezz'ora arriva. J'hanno ribattuto. So' le quattro e mezza e non se vede niente all'orizzonte.
Noi giocamo de improvvisazione e ingaggiamo un signore del posto col suo fuoristrada. Cinque euro a testa e ci riporterà a Shkodra. Quattro ore di viaggio. 

Un incubo. La strada per uscire dal paesino è una tortuosa montagna russa sterrata che attraversa i boschi. Passa un veicolo alla volta per più di un'ora di tragitto che costeggia dirupi e strapiombi di centinaia di metri. Io e la tedesca veniamo sistemati nel portabagagli in compagnia di una bombola a gas. Non nego che se la semo fatta sotto. Il fatto di essere in cinque nella stessa vettura ha stemperato al tensione. Se la gioia condivisa si amplia, la paura condivisa diminuisce.
Il conducente del fuoristrada è un esperto, forse troppo. Je rosica a tutti. Un autobus che va lento? Je rosica. Una capra che attraversa la strada? Je rosica. Una macchina arriva in senso contrario? Je rosica. Alla fine a forza de rosica', la montagna je rosica a lui e lo ripaga con una bella gomma bucata. Finiamo il drastico tratto di strada sterrata a velocità di crociera, per nostra fortuna, e appena tocchiamo l'asfalto, che una ditta tedesca sta spianando per rendere la valle più facilmente raggiungibile, il nostro Alonso cambia la ruota. 

Mai rosicare alla natura

A Shkodra rimaniamo un'altra notte per riprenderci dalla lunga camminata del giorno precedente e io impartisco una sonante lezione di ping pong al poro Scuzzi. Se negli settanta la diplomazia del ping pong ha rappresentato un momento di distensione nei rapporti tra la Cina comunista e gli Stati Uniti d'America, per noi a Shkodra ha rappresentato il momento di massimo conflitto nel viaggio. 

Diplomazia del ping pong 
Ripartiamo. Siamo diretti a Lezhë, o Lezha o Lezh, che in Albania na città se chiama in cinque modi diversi e quanno ce arrivi nsei mai sicuro se sei arrivato nel posto giusto o te stanno a pija semplicemente per il culo.
La pronuncia corretta ricorda la parola Lecce e mentre tutti continuano a fa' i coatti che a agosto vanno in Salento noi venimo a Lezhë a fa' gli sgargiulli. Da st'altra parte dell'Adriatico.
Questa cittadina in pieno sviluppo ha anche un nome in italiano. Se chiama Alessio. Che la lingua de Dante, escludendo i danni che ha fatto in Slovenia e parte della Croazia, è no spettacolo pure quando mette i nomi alle località straniere: Alessio, Scutari ( la Shkodra di cui sopra), Salonicco e Acquisgrana (Aachen). Io a Aachen non ce metterei mai piede ma a Acquisgrana ce metterei su famija.

Veniamo ospitati a Alessio da un nostro amico italo-albanese che ci tratta coi guanti. Il giorno dopo partiamo in direzione di Tirana. A Shkodra qualche giorno prima avevamo incontrato na coatta australiana che pronunciava il nome della capitale albanese tale e quale a come n'americano pronuncia Toronto. T'''rono.

Qui a T'''rono ci aspettano due amici appena giunti da Bari, via Durazzo. Ci troviamo nella grande piazza centrale. Decidiamo di bypassare la capitale albanese e la sua vita notturna e dirigerci verso il mare. A fare i quattro de spade sulla sabbia.
Prima di lasciare la piazza ci si avvicina un regazzino che vende delle penne per scrivere. Indossa la maglietta di calcio della Lupa Frascati, squadra della città in cui sono nato, cresciuto e da dove ho iniziato questo viaggio via terra. Da Frascati verso oriente.

Lupa Frascati

Con quella casacca ho anche giocato la mia ultima partita ufficiale, a soli diciotto anni, dopo una lunga militanza nel settore giovanile della Lodigiani. Mi viene la pelle d'oca. I ricordi riaffiorano. Dopo un'ottima annata che ci portò con la formazione Berretti (la Primavera delle squadre dilletanti e la seconda Primavera delle squadre professioniste) alle finale nazionali perse contro la Juventus di Giovinco, lasciai il fantastico mondo del calcio giovanile. Pianeta ancora poco inquinato dalle frenesie del professionismo.
L'estate ricevetti una chiamata dal dirigente della società che mi avrebbe voluto inserire nella prima squadra della Lupa, in Serie D. Ottimo trampolino di lancio, se si ha fortuna, per una discreta carriera.
Rifiutai senza pensarci troppo su. La chiamata era un'internazionale. Frascati-Lofoten, isole norvegesi, situate sopra il circolo polare artico. Una riproduzione del paradiso in terra. Il vero Capo Nord della Norvegia. 

Isole Lofoten
Calcio e viaggi: due costanti della mia vita. Al tempo scelsi di viaggiare. Forse, tentando la fortuna, un altro paio di calci al pallone li avrei potuti dare. Ma come scrive Jean-Claude Izzo nel capolavoro Chourmo: "Anche i rimpianti fanno parte della felicità". E in questo momento, in Albania, in viaggio verso oriente, non so bene cosa sia la felicità ma probabilmente è  una sensazione simile a quello che sento.

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