venerdì 5 febbraio 2016

Aggiornamento su blog, post e viaggi

Per chi capitasse per caso su questo sito o per chi ci ritornasse dopo mesi:

- Questo blog sgangherato nacque nel 2012 col titolo di "questi so arabi" e raccontava le mie avventure strampalate di giovane studente arabista in Giordania

- Mantenendo lo stesso nome ho pubblicato storie sulle mie esperienze di lavoro in Catalogna e Grecia

- Quando il nome "questi so arabi" iniziava a essere stretto il blog si è trasformato in "Monno Solitario". La prima scommessa è stato il viaggio in Iran via terra che voleva essere raccontato nello stile e nel formato che fu di "questi so arabi" ma dopo un mese di viaggio ho capito che il racconto non poteva essere lo stesso.
Per questioni stilistiche, di tempo e altro l'ultimo racconto pubblicato su questo blog è "Pirati in Albania". Da lì in poi tutte le seguenti avventure sono state pubblicate direttamente nella mia pagina Fb https://www.facebook.com/monnosolitario/
Alla fine in Iran via terra ci sono arrivato partendo da Roma e passando per Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro, Serbia, Grecia, Albania, Macedonia, Kosovo, Bulgaria Turchia, Georgia, Nagorno, Armenia, Iran.
Sono poi tornato indietro senza prendere l'aereo attraversando il Kurdistan iracheno, la Turchia, la Grecia. un traghetto per Bari e poi un autobus fino a Roma.

Dopo un paio di mesi a casa, ho firmato un contratto per lavorare su navi da crociera e a mozzichi e bocconi ho navigato per sette mesi tra il Nord Europa, il Mediterraneo e i Caraibi.

A breve partirò per un viaggio in Asia e poi imbarcherò nuovamente. Tutte le mie avventure, aneddoti e fregnacce varie le trovate nella pagina Fb. Seguitemi lì!
Se beccamo in giro, daje!

lunedì 15 settembre 2014

Pirati in Albania

Prima di andare sulla costa facciamo una tappa a Berati, cittadina famosa per le caratteristiche abitazioni di epoca ottomanna.

Dormimo in una guest house gestita da due pischellette che se prendono cura de noi quattro scarti di porto. Queste stanno sempre col sorriso. Ce fanno er caffè, ce coccolano cor tè, quando vedono che fa troppo callo ce allietano co npo' de acqua fresca. Manca solo che ce danno er bacetto della buonanotte. Se convincemo che semo quattro fichi. Da brutti mozzi se trasformamo in quattro viaggiatori affascinanti. Quattro pirati boni fracichi. Johnny Deep ce spiccia casa e se ce viene sotto quella sciapona de Keira Knightley noi je damo pure buca. La fionnamo in mare in mezzo alli squali.
Arghhhh. Verso la costa ciurma! 

Ma sfortunamente non stamo co nvascello e in Albania ce sta ngrande problema: i trasporti. Poche strade scorrevoli, orari dei mezzi inesistenti, attese infinite. Un punto a favore: non ce stanno fermate prestabilite; basta che te metti pe strada e qualche van, bus o mezzo privato te se carica. Però te devi impara' a mettete nella classica posa de attesa albanese altrimenti nte se fila nessuno. Inoltre te caricano e te lasciano ndo te pare a te. A volte si assiste a scene surreali co persone che aspettano nel bel mezzo der nulla o che se fanno lascia' a na distanza de cinquanta metri una dall'altra. Centocinquanta chilometri possono richiedere anche quattro ore. Un viaggio di sei se po' trasforma' in uno de dieci.

Riuscimo a approda' a Valona. Arhhh. Dopo qualche ora de attesa passa uno che chiama er fratello che ce passa a carica' cor furgoncino a noi e a du' pischelle inglesi. N'archeologa e la corrispondente der Guardian da Istanbul. Cazzate. Probabilmente due agenti segreti inviate dalla corona inglese per fottere noi pirati. Anche se nei film le spie donne so' sempre bone fraciche mentre queste nse ponno guarda'. Noi che semo omini de mare diremmo: du' cozze.

Se famo lascia' a Dhermi. Le due inglesi continuano verso altri lidi. In sto posto co quattro case e qualche struttura turistica pare sia tutto pieno. Stamo a metà agosto. Tutto er monno è Salento. Disperati arrivamo a un residence de prima classe. Ce se avvicina uno che pare Spugna de Hook - Capitano Uncino e ce dice nella lingua franca del Mediterraneo, il cosidetto sabir, pidgin utillizato nei peggiori porti del mare nostrum: "Ce l'ho io na casa pevvoi, so' trentacinque sberle a notte!'.
"Mortacci de Pippo! Trentacinque bomboni a persona?", je rispondemo noi ner dialetto utilizzato nella baia de Roma sud.
"Ma de che! Trentacinque picchi tutta la casa", ce rassicura lui in un patois che puzza di rum. N'affare anche se nun stamo al residence de prima classe ma in un buco de stanza.
Spugna, essendo un collega, c'ha dato na dimora che ricorda gli spazi angusti di alcune stive. Ma noi semo avventurieri e ce sta bene così. Ah che bella vita che bella davver, la vita del filibustier!
Io, inoltre, mentre il resto della ciurma sta assaltando un veliero pieno de oro albanese sulla spiaggia principale, festeggio un mese di viaggio in una caletta deserta. Sono l'unico presente. Robinson Crusoe me spiccia casa. Tom Hanks me prepara er caffè pe colazione. 



Dopo tre giorni de Dhermi, svarie bottiglie di rum scadente e alcune situazioni che verranno intenzionalmente omesse per proteggere le nostre vite dalle fauci delle corona inglese, arriviamo a Saranda. Città di confine, dirimpettaia all'isola greca di Corfù. Mediterraneo. Lontani da casa ma vicini.
Scrive Jean Claude Izzo in Solea, epilogo della trilogia marsigliese: "Lì dove il mare diventa più scuro. Più denso. Mi ero detto che la soluzione a tutte le contraddizioni dell'esistenza era lì, in quel mare. Il mio Mediterraneo."
Siamo in Albania, ma potremmo stare in Spagna o Turchia. Joan Manuel Serrat, grande artista catalano, canta: "da Algeciras a Istanbul [...], che ci posso fare se sono nato nel Mediterraneo?"

Albania che sa di Grecia già dal nome. Infatti Saranda, nella lingua parlata a Atene, vordi' quaranta. Quaranta so' i santi de un monastero nei paraggi. E quaranta so' i gradi che trovamo.


Arrhhhh. Durante na missione alla ricerca der bottino delle sorgenti dell'occhio blu io me incoccio sotto il sole. La febbre se presenta du' giorni dopo, quando stamo già a Gjirokaster, la città del castello argentato, che ha dato i natali all'ex dittatore Enver Hoxha.
Quarantotto ore rinchiuso in un gioiello di ostello ricavato in una casa tradizionale ottomana sono la mia medicina. Arhhhhh.
Salpiamo verso nuovi mari. Vorremmo approdare sulle coste del lago di Ohrid, in Macedonia. Ma nse capisce come ce se arriva e quanto ce vole. Si rumoreggia dieci ore, più quattro chilometri a piedi per attraversare la frontiera e poi un taxi fino alla prima città macedone. Per tutte le sbornie!
Con una mappa del tesoro in mano pensiamo a un'alternativa. Cambiamo rotta ciurma! Si va in Grecia! La Macedonia la circumnavigheremo!
Lasciare l'Albania ci dispiace, ma questa è la vita degli avventurieri. Quando si è tristi di lasciare un posto vuol dire che si è felici di viaggiare.
Il Duka, menestrello della controcultura romana, cita in uno dei suoi tacchi per Radio Onda Rossa un passaggio da Tortuga di Valerio Evangelisti : "Pareva che ognuno fosse ansioso di rimettersi in mare, come se la vita a terra, con i suoi piaceri, fosse intollerabile. Eppure il mare era visto, da quasi tutti gli avventurieri, come un nemico. La maggior parte non sapeva nuotare, i più intransigenti rifiutavano di alimentarsi di pesce e crostacei. Tuttavia l'ansia di riprendere il largo era comune."
Così noi, viaggiatori di bassa lega, ci rimettiamo in viaggio. L'Ellade ci aspetta.
Un autista di taxi sopra le righe, seguace di Lu Colombo e osservante del comandamento rum e cocaina taxi forza nove, ci accompagna al confine. Attraversiamo la frontiera a piedi. Siamo in Grecia. Ma non andremo sulle isole perché nun semo comuni marinai. Salonicco, città di porto, è la nostra meta perché semo filibustieri in cerca di fortuna.


Hakim Bey, storico anarchico, autore de Le repubbliche dei pirati. Corsari mori e rinnegati europei nel Mediterraneo, riporta una frase di Jan Jansz, pirata olandese, noto come Murad Reis, tra le figure più importanti dei Salle Rovers, combriccola di rinnegati e corsari che formò la gloriosa repubblica pirata di Salè: "We shall have a bon voyago" .
Ah che bella vita che bella davver, la vita del filibustier!

mercoledì 10 settembre 2014

Albania - Una sensazione simile alla felicità

Avrei potuto semplificamme la vita riassumendo i giorni di viaggio in Albania con: andatece, non ve ne pentirete e poi me raccontate.

Ma sarebbe suonato più come na campagna pubblicitaria e non come un post de un blog de viaggi, pure se mezzo farlocco.

Invece che in  una campagna pubblicitaria noi stamo sperduti nella campagna albanese, anzi in una valle isolata tra picchi maestosi.
Dobbiamo tornare a Shkodra. Tra le quattro abitazioni del villaggio di Theth incontriamo una coppia di brasiliani che già avemo incrociato a Sarajevo. Sono tre ore che aspettano un fantomatico autobus. All'una passa. J'hanno detto. Alle due passa. J'hanno notificato. Alle tre passa. J'hanno dilazionato. Tra mezz'ora arriva. J'hanno ribattuto. So' le quattro e mezza e non se vede niente all'orizzonte.
Noi giocamo de improvvisazione e ingaggiamo un signore del posto col suo fuoristrada. Cinque euro a testa e ci riporterà a Shkodra. Quattro ore di viaggio. 

Un incubo. La strada per uscire dal paesino è una tortuosa montagna russa sterrata che attraversa i boschi. Passa un veicolo alla volta per più di un'ora di tragitto che costeggia dirupi e strapiombi di centinaia di metri. Io e la tedesca veniamo sistemati nel portabagagli in compagnia di una bombola a gas. Non nego che se la semo fatta sotto. Il fatto di essere in cinque nella stessa vettura ha stemperato al tensione. Se la gioia condivisa si amplia, la paura condivisa diminuisce.
Il conducente del fuoristrada è un esperto, forse troppo. Je rosica a tutti. Un autobus che va lento? Je rosica. Una capra che attraversa la strada? Je rosica. Una macchina arriva in senso contrario? Je rosica. Alla fine a forza de rosica', la montagna je rosica a lui e lo ripaga con una bella gomma bucata. Finiamo il drastico tratto di strada sterrata a velocità di crociera, per nostra fortuna, e appena tocchiamo l'asfalto, che una ditta tedesca sta spianando per rendere la valle più facilmente raggiungibile, il nostro Alonso cambia la ruota. 

Mai rosicare alla natura

A Shkodra rimaniamo un'altra notte per riprenderci dalla lunga camminata del giorno precedente e io impartisco una sonante lezione di ping pong al poro Scuzzi. Se negli settanta la diplomazia del ping pong ha rappresentato un momento di distensione nei rapporti tra la Cina comunista e gli Stati Uniti d'America, per noi a Shkodra ha rappresentato il momento di massimo conflitto nel viaggio. 

Diplomazia del ping pong 
Ripartiamo. Siamo diretti a Lezhë, o Lezha o Lezh, che in Albania na città se chiama in cinque modi diversi e quanno ce arrivi nsei mai sicuro se sei arrivato nel posto giusto o te stanno a pija semplicemente per il culo.
La pronuncia corretta ricorda la parola Lecce e mentre tutti continuano a fa' i coatti che a agosto vanno in Salento noi venimo a Lezhë a fa' gli sgargiulli. Da st'altra parte dell'Adriatico.
Questa cittadina in pieno sviluppo ha anche un nome in italiano. Se chiama Alessio. Che la lingua de Dante, escludendo i danni che ha fatto in Slovenia e parte della Croazia, è no spettacolo pure quando mette i nomi alle località straniere: Alessio, Scutari ( la Shkodra di cui sopra), Salonicco e Acquisgrana (Aachen). Io a Aachen non ce metterei mai piede ma a Acquisgrana ce metterei su famija.

Veniamo ospitati a Alessio da un nostro amico italo-albanese che ci tratta coi guanti. Il giorno dopo partiamo in direzione di Tirana. A Shkodra qualche giorno prima avevamo incontrato na coatta australiana che pronunciava il nome della capitale albanese tale e quale a come n'americano pronuncia Toronto. T'''rono.

Qui a T'''rono ci aspettano due amici appena giunti da Bari, via Durazzo. Ci troviamo nella grande piazza centrale. Decidiamo di bypassare la capitale albanese e la sua vita notturna e dirigerci verso il mare. A fare i quattro de spade sulla sabbia.
Prima di lasciare la piazza ci si avvicina un regazzino che vende delle penne per scrivere. Indossa la maglietta di calcio della Lupa Frascati, squadra della città in cui sono nato, cresciuto e da dove ho iniziato questo viaggio via terra. Da Frascati verso oriente.

Lupa Frascati

Con quella casacca ho anche giocato la mia ultima partita ufficiale, a soli diciotto anni, dopo una lunga militanza nel settore giovanile della Lodigiani. Mi viene la pelle d'oca. I ricordi riaffiorano. Dopo un'ottima annata che ci portò con la formazione Berretti (la Primavera delle squadre dilletanti e la seconda Primavera delle squadre professioniste) alle finale nazionali perse contro la Juventus di Giovinco, lasciai il fantastico mondo del calcio giovanile. Pianeta ancora poco inquinato dalle frenesie del professionismo.
L'estate ricevetti una chiamata dal dirigente della società che mi avrebbe voluto inserire nella prima squadra della Lupa, in Serie D. Ottimo trampolino di lancio, se si ha fortuna, per una discreta carriera.
Rifiutai senza pensarci troppo su. La chiamata era un'internazionale. Frascati-Lofoten, isole norvegesi, situate sopra il circolo polare artico. Una riproduzione del paradiso in terra. Il vero Capo Nord della Norvegia. 

Isole Lofoten
Calcio e viaggi: due costanti della mia vita. Al tempo scelsi di viaggiare. Forse, tentando la fortuna, un altro paio di calci al pallone li avrei potuti dare. Ma come scrive Jean-Claude Izzo nel capolavoro Chourmo: "Anche i rimpianti fanno parte della felicità". E in questo momento, in Albania, in viaggio verso oriente, non so bene cosa sia la felicità ma probabilmente è  una sensazione simile a quello che sento.

lunedì 8 settembre 2014

Albania - Il regno di Oz

Nartra frontiera davanti a noi. La prima che attraversiamo con una macchina. Siamo ancora la bella combriccola di finti giornalisti. 



Già qualche chilometro prima del confine ci sono delle botteghe improvvisate per strada con alcuni souvenir albanesi. Ci fermiamo in uno spiazzale e compiamo l'antico rituale che dalla notte dei tempi differenzia un turista da un viaggiatore: pisciamo nella natura.
Svuotati i corpi da questo bagaglio interiore ci avviciniamo a un banchetto de na vecchietta coi cocomeri in bella vista. La signora ce offre una deliziosa fetta a ognuno e noi prima di andarcene le porgiamo qualche spiccio. Lei rifiuta categorigamente: offre la casa.
Il primo di una lunga serie di atti di gentilezza che ci accompagneranno in tutta la nostra permanenza in Albania.

Ripartiamo e superiamo la frontiera. Il passaggio da una parte all'altra è allucinante. Veniamo dal sud del Montenegro, zona ipersfruttata e con un'edilizia che ricorda alcuni litorali nostrani o iberici. Entriamo nella campagna albanese: carri bestiame, gente a cavallo, persone in moto senza casco, strade dissestate, costruzioni lasciate a metà. La classica arretratezza che fomenta il viaggiatore in cerca di mondi diversi, di un po' di avventura. Ovviamente la povertà è sempre bella da vedere con occhi da europeo. Viverla sarebbe tremendo probabilmente: perversioni occidentali che Edward Said chiamerebbe "orientaliste".

Ma scopriremo presto che solamente parte dell'Albania è in queste condizioni mentre molte città e regioni vivono un sorprendente boom economico che è somma di imponenti investimenti stranieri, edilizia impazzita, ritorno di capitali di albanesi che vivono all'estero e un turismo pronto ad aprirsi al mondo.

Inoltre l'Albania è uno dei paesi più influenti della regione con gran voce in capitolo nelle politiche che riguardano soprattutto il Kosovo, la Macedonia e il sud del Montenegro.
Ma qua nun stamo a fa' i capoccioni geopolitici inviati de Limes quindi tocca scrive de sto viaggio e er viaggio lo fanno principalmente: i trasporti, le attrattive e le persone.

Arrivamo a Shkodra. Chiediamo informazioni per il centro a un vecchietto seduto a ntavolino de nbar che non vedeva l'ora de parla' co qualcuno. Manco famo in tempo a accosta' che entra colla testa dentro er finestrino. Inizia a parla' un italiano spedito. Quello che avevamo sentito sembra essere vero: na cifra de gente parla italiano perché ha vissuto in Italia, perché c'ha parenti o semplicemente perché se vede la televisione nostrana. Certo imparasse la lingua de Dante cor Tg1 o co Nposto al Sole non è che sia er massimo ma de sti tempi tutto fa curriculum.

Er Capitano, Flux e Luchetto ce lasciano dopo na bella mangiata de cibo locale diretti verso Durazzo e le Puglie. Noi trovamo un ostello gajardo vicino al centro. Entro e chiedo se ce stanno stanze disponibile.
- "Dal tuo accento sembri un romano". Manco du' parole avrò detto, mo ho capito che ve guardate i Cesaroni ma c'è un limite a tutto.
- "Infatti io sono di Altamura". Ci risponde il grande Dino, italiano in pensione che passa parte dell'estate da questo lato del Mediterraneo e l'inverno a svernare in Messico.

Sarà lui il nostro mentore in queste giornate di riposo a Shkodra, anche se la prima notizia che apprendiamo è delle più tristi. Il padrone dell'ostello: Giorgio Faraggiana, attivista No Tav, ambientalista e molto altro, è morto tragicamente qualche giorno prima del nostro arrivo (a questo link http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/25/giorgio-faraggiana-e-lecoturismo-in-albania/1098393/ un articolo del Fatto con la foto di Giorgio, con la compagna albanese nell'ostello di Shkodra).


I ragazzi che lavorano nella struttura, anche dopo la sofferente perdita, cercano di trattarci comunque nel migliore dei modi.

All'ostello conosciamo du pischelli francesi di ventanni che sono partiti da Parigi in moto alla volta di Istanubul. Ci svelano in segreto che trasportano una grande quantità di marijuana per uso personale. Scuzzi per non essere da meno, il pomeriggio, decide di comprare un chilo di tabacco sfuso da un rivenditore consigliatoci da Dino. A sette euro e mezzo. Nell'ostello si era tanti allora prendemmo un chilo, forse avrà pensato. 



C'è una coppia di polacchi che sta viaggiando in autostop. Sono arrivati all'ostello in mattinata dopo aver fallito la missione di trovare un passaggio il pomeriggio precedente.
Lui fa: "Siamo usciti in strada verso le sei di pomeriggio, abbiamo aspettato un'ora e mezzo invano, quando è iniziato a fare buio e abbiamo desistito. In Polonia di solito fa buio tra le nove e mezza e le dieci qui non capisco perché succede così presto".
Ma io dico fijo mio tu voi fa' er viaggiatore fijo de fiori che sei er più matto che viaggi in autostop e manco du' nozioni basilari de geografia e de come funziona sto mondo? Mo non pretendo che tu sia come er tuo connazionale Stanisław Lem, grande autore di fantascienza, né che tu abbia viaggiato quanto Wojtila o che tu c'abbia na laurea in astrofisica presa a Cracovia, ma pure mi cugino de sette anni che non s'è mai mosso da Roma potrebbe avece un minimo di conoscenza su meridiani e paralleli terrestri.

Dopo qualche giorno decidiamo di andare verso nord, attraversare il lago di Koman e arrivare nello sperduto paesino di Valbona. Il lago di Koman è un bacino artificiale che detiene il record di unica bellezza naturale ad aver segnato un gol in una finale di Coppa dei Campioni. I tifosi doriani lo ricorderanno sicuramente con tristezza.

Superato il lago, raggiungiamo Valbona, un paesino con cinque case e con una struttura ricettiva gestita da un'americana che pare Dorothy del Mago di Oz. La guest house è piena e noi due, insieme a una coppia di giovani tedeschi veniamo ospitati nella casa dello zio del paese. 
Tipica casa rurale albanese, con un bagno che chiamarlo turco sarebbe un complimento. Stiamo benissimo, unico problema: la tedesca è troppo bella. Noi non abbiamo niente contro le belle ma siamo contrari alle belle che stanno coi morti de sonno. Se uno è brutto: pazienza. Ci sono altre qualità da apprezzare se si cerca un rapporto stabile ma pare che l'unica cosa che c'abbia de gajardo sto crucco sia aver studiato hindi all'università. La bellissima ha studiato sanscrito quindi c'è un terreno comune su cui camminare ma lei straborda energia e lui non parla mai né in inglese né in tedesco. Figuramose che du' palle sentillo parla' in hindi.

La sera mangiamo co sta coppia, co du' crucchi sessantenni che bevono come cammelli e co naltro tedesco che pare Sick boy de Trainspotting e che c'ha na fame chimica che se magna pure er tavolino della povera Dorothy nartro po'.
Er signore della coppia de sessantenni tedeschi, che so' tre anni che ha smesso de fuma', tra un bicchiere de raki e un altro se spippacchia pure tre sigarette dal tabacco de Scuzzi, nuovo spacciatore de cancro dei balcani.

Collo stomaco gonfio tornamo alla casa de zio e assistiamo a uno degli spettacoli più belli del nostro viaggio. La via che riporta al nostro giaciglio è senza luci, non si vede una mazza e nell'arco di centochilometri ci saranno al massimo una trentina di abitazioni. Alziamo gli occhi e vediamo il cielo.
Un tappetto puntellato di infiniti ricami abbacinanti. Per quante stelle ci sono non riusciamo a individuare l'orsa maggiore. La Via Lattea è un Cammino di Santiago che attraversa la volta celeste. Col naso all'insù immaginiamo le costellazioni che abbiamo appreso come tutti gli studenti italiani dai Cavalieri dello Zodiaco. Siamo valenti viaggiatori.
Riposiamo coccolati dal freddo montano e il giorno seguente coi due tedeschi orientalisti e n'americano che sta a fa' er giro der monno, ma in realtà salta da n'aereo a n'altro, s'avventuramo sul sentiero dorato indicatoce da Dorothy. Speramo di non incontrà la strega dell'ovest sul nostro cammino.

A metà della scarpinata di sette ore che dallo sperduto villaggio di Valbona porta alle quattro case ancora più sperdute di Theth, raggiungiamo na vetta de quasi duemila metri. Ci avevano detto che dalla cima si poteva godere di una vista mozzafiato, ma la fitta nebbia presente ce lo impedisce.
Come er viaggiatore che raggiunge Capo Nord pe vedè n'ufficio postale e nsercio violentato dar maltempo anche noi ora se potemo rivende la famosa citazione inventata dal viandante sotto effetto di peyote: l'importante non è la meta ma il viaggio.

Riscendendo la vetta la nebbia inizia a diridarsi, così come alcuni pensieri diventano più chiari. Forse su questo sentiero dorato, come lo Spavantappaseri, l'Uomo di Paglia e il Leone Codardo abbiamo trovato quello che stavamo cercando, anche se non sappiamo bene cosa sia...


mercoledì 3 settembre 2014

In missione per conto di Vice Italia - Perché (non) andare a Budva

La redazione di Vice Italia mi ha commissionato un pezzo a sua stessa insaputa. Quindi farò un'eccezione e mi toccherà scrivere in italiano. Spero si capisca. Altrimenti google translate fornisce una versione in romano, anche se purtroppo nella vulgata di Roma nord.

- In Montenegro veniamo raggiunti da tre amici. La vita è così: uno vuole prendersi una pausa esistenziale dal proprio cortile, fare il fricchettone e il viaggiatore citazionista in giro per il mondo e gli amici continuano a braccarlo in ogni dove. "Oh ma che stai in Montenegro? Il caso vuole che noi stiamo in Serbia, aspettaci che ti raggiungiamo". "Oh vengo anche io con te in vacanza per un mese nei balcani, voglio farti spendere più soldi di quanto ti eri programmato". (Probabilmente queste due conversazioni sono avvenute in dialetto romano ma le linee guida della redazione sono ferree).

La nuova combriccola è quindi così composta: Io e Scuzzi più le nuove entrate Flux, Luchetto e Capitano, rappresentanti nei balcani dell'etichetta Sostanze Records, indie net label elettronica che da poco ha fatto uscire la cinquantesima release. Siamo un quintetto perfetto per rappresentare Vice Italia in questo breve reportage; anche se quelli di Vice Italia non lo sanno e neanche noi siamo ancora al corrente di questa missione.

I tre nuovi acquisti, inoltre, vengono dal Guča Festival e stanno carichi a pallettoni (dai questo è italiano comunque!)

Il Festival, come quelli di Vice ben sanno, è uno strano mix di musica gitana, tromboni, birre a un euro, nazionalisti serbi e turisti da ogni dove che si ubriacano la notte risvegliandosi la mattina seguente pensando di trovarsi allo Sziget.

Noi per il nostro reportage cerchiamo qualcosa di autentico e lo troviamo una sera in un pub di Žabljak, cittadina che sorveglia il magnifico parco naturale del Durmitor. A differenza del Guča, qui siamo gli unici stranieri e gli unici a non conoscere le canzoni popolari montenegrine sparate al massimo volume.

Il giorno seguente partiamo verso nuovi orizzonti. Noi cinque e due polacche autostoppiste racimolate in strada (alcuni vanno in bus altri in macchina, anche se siamo inviati per un giornale sappiamo fare calcoli matematici di base).

Facciamo una capatina a Kotor, località abbracciata dal più grande fiordo dell'Europa meridionale. È come essere in Norvegia ma con venti gradi in più, con birre che costano un quarto rispetto a Bergen e con meno stangone bionde.

Lasciamo le polacche alla loro vita da autostoppiste e ci dirigiamo a Budva. Alcuni giorni prima mi era arrivato un messaggio di una collega con scritto: "Non andare a Budva!" ma noi saremo inviati di Vice, anche se Vice non lo sa, e andiamo nei posti non consigliati per scrivere fregnacce.

Arriviamo nella località costiera montenegrina. Iniziamo a cercare un posto dove dormire. Siamo a metà agosto. Passiamo qualche ora sotto il sole cocente con decine di porte che ci si chiudono in faccia. Pieno. No. Parole incomprensibili in montenegrino. Pieno. Ci dispiace. Per una notte soltanto no.

Ma noi siamo di passaggio e il nostro reportage prevede un budget per il pernottamento di una sola notte: anche se il lavoro finale deve apparire come se noi fossimo grandissimi conoscitori della realtà montenegrina. Gli unici che ci offrono alloggio per una notte sono degli adescatori ex tossicodipendenti che braccano le macchine dei turisti lungo il boulevard principale. Rifiutiamo entrambe le offerte: la casa e l'eroina.

Abbiamo bisogno di un piano b. Il Capitano propone di fingerci parte di una troupe televisa che dovrà girare un documentario su Budva. Il nostro è solamente un sopralluogo, tra una decina di giorni torneremo con trenta persone e occuperemo l'intero stabile per due settimane. Il diversivo non funziona e allora optiamo per il piano c. Siamo inviati per conto di Vice Italia. Non provate a chiuderci le porte in faccia altrimenti scriveremo un articolo irriverente pieno zeppo di luoghi comuni, che disintegrerà l'intero sistema turistico montenegrino lasciando sul lastrico migliaia di persone e costringendo il Manchester City a vendere Jovetić all'AlbinoLeffe.

Siamo inviati per conto di Vice e dobbiamo rimanere una notte soltanto, siamo rimasti senza benzina, abbiamo una gomma a terra, non abbiamo i soldi per prendere il taxi, la tintoria non ci ha portato il tight, c'è il funerale di nostra madre, è crollata la casa, c'è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette, non è colpa nostra, una notte soltanto, lo giuriamo su dio!

Il piano c funziona. Troviamo una pensione con stanza quadrupla per quindici euro a persona. Un affare se si pensa che la città è stracolma come Gallipoli il quattordici di agosto. Marko, il titolare dell'alloggio ci spiega che in molti non accettano persone per una notte sola perché sono troppo pigri per rifare le camere ogni ventiquattro ore.

Scontrino Moleskine
Appuntiamo tutto sulla nostra moleskine che in realtà è il retro di uno scontrino. Ormai siamo inviati di una nota rivista online, non dobbiamo farci sfuggire nulla. Il nostro reportage consiste nel trovare la città che sarà la nuova Berlino europea e noi dopo aver visitato Belgrado, Budapest alta e bassa, Bergamo alta e bassa, Belluno, Belgrado, Barcellona, Bilbao, Bergen, Brno, Battipaglia, Bolzano e Bolsena siamo arrivati a Budva. Il fatto che debba essere una città che inizia per "b" avvolge il nostro lavoro di quella serietà e sistematicità che tutti i reportage dovrebbero avere. 

Il pomeriggio andiamo in una spiaggia dove l'attrativa principale sono le comitive di russi che comprano bottiglie da 0,2 di spumante a dieci euro, le stappano coi denti e se le versano addosso. Molti giorni prima che l'Ice Buckett Challenge diventasse una moda. 

Capiamo che Budva in realtà non si addice al profilo richiesto perché sembra più che altro un misto tra Rimini, Ibiza e Ladispoli. Le persone vestono malissimo. Non provate a arrivare a Budva con un abbigliamento all'ultimo grido, hipster, sportivo o fricchettone. Il coatto antico e il tipo da spiaggia fine anni novanta sono gli unici stili permessi in città. Le ragazze sono bellissime e se quelli che indossano sono considerati vestiti il Vaticano è un continente. Ci deve essere evidentemente una crisi nel settore della sartoria.
I supermercati sono aperti fino alle due di notte e questo causa strani fenomeni di solidarietà tra amici che si reggono la testa a turno mentre ripropongono la cena sul marciapiede o nei giardini della città.
Noi cinque proviamo a importare la cultura del bottiglione nel centro storico. Compriamo due bottiglie di coca cola e due di Captain Morgan, famoso collega del Capitano. Anche se il nostro Capitano non  è un infame come Morgan che dopo essere stato pirata divenne vicegovernatore e poi governatore della Giamaica e imprigionò molti dei suoi ex compagni. Noi del nostro Capitano invece ci possiamo fidare, almeno finché non diventerà sindaco di Palestrina.
La missione alcolica comunque fallisce infatti veniamo prima discriminati, poi derisi e infine cacciati dai coatti in abito da sera che sorseggiano cocktail poco elaborati.
Proviamo a cercare della marijuana. Nessuno di noi è fumatore (nota per i nostri parenti a casa) ma nessun reportage di Vice vale la pena di essere scritto se non si spara con un kalashnikov in Cambogia, se non si sniffa un po' di coca in Colombia, se non ci si ubriaca in un pub dell'Algarve, se non si beve da una bottiglietta d'acqua in Salento, se non si prende un acido al raduno degli scout con Renzi.
Falliamo anche qui. Il massimo che riusciamo a trovare è una corsa in taxi super scontata.
La nostra missione è naufragata, siamo dei pirati da quattro soldi. Budva non solo non è la nuova Berlino ma neanche lontanamente la nuova Brindisi. La redazione sarà furiosa. La nostra prossima tappa sarà l'Albania. Senza il budget della rivista online sarò costretto a tornare al romano e eviterò categoricamente le città che iniziano per "b".

P.s durante questo viaggio più di un tedesco ci ha svelato quale città sarà la nuova Berlino tra una decina di anni. Non lo diciamo in questa sede per preservare questo luogo da carovane di italiani e spagnoli in cerca di fortuna e da finti giornalisti come noi in cerca di reportage sensazionali. Comunque non inizia per "b". La caccia è aperta!

domenica 31 agosto 2014

Breaking Bed - L'invenzione della tradizione, Kusturica e l'antico vaso del Montenegro.

È lui o non è lui?
- Non è lui, sembra troppo magro.
- Ma mi nonna dice che la televisione ingrassa. Er bianco e la televisione.
- Deve esse lui, stamo nei Balcani.
- Stamo nei Balcani? Ma che te quando rientri in Italia becchi Roberto Baggio così pe strada? E poi stamo a Trebinje che a confronto Campobasso pare Rio de Janeiro.
- No aspè dai è lui pefforza. Guarda quelli che se so' seduti mo ar tavolo suo. Du fricchettoni colla barba non curata cor computerino de ultima generazione. Guarda guarda come scrivono. Saranno mica du sceneggiatori?
- Dai forse è lui. Alla fine pure lui pare mezzo fricchettone e tre fricchettoni seduti al tavolino der ristorante più costoso de Trebinje possono esse solo tre artisti che se lo possono permette. Annamo a dije quarcosa! 
Scuzzi, io e Emir
Questo è er karma che c'ha ripagato. Er karma de Osijek, in Croazia, quando c'avevano dato le chiavi dell'ostello che stava sopra ar pub e noi c'avevamo le chiavi der pub e er pub era chiuso ar pubblico. E noi prima de anna' a dormi' semo passati davanti al bancone pieno de whisky e liquori vari e se potevamo fa er bagno dentro na marea de alcool ma nun avemo arzato un gomito e semo annati a nanna sobri colla gola secca de tanto perigrinare. Questo è er karma che c'ha fatto opta' pe nartro salto in Bosnia invece de anna' diretti in Montenegro. Er karma che c'ha fatto sceglie sta sperduta cittadina dei Balcani.
Er karma che s'è ripresentato colle sembianze de Emir Kusturica in persona. A Trebinje. Come incontrà Benigni o Morricone a Fiano Romano. Nei Balcani, sua terra promessa. Come incontrà Maradona in Sud America o Bill Murray in Giappone.

Alla fine parlando gli abbiamo raccontato un po' il nostro viaggio, lui ci ha detto che è un appassoniato del leggendario Molise e ci ha detto che il suo prossimo film sarà ambientato nella fantastica terra del centro Italia. Si intitolerà: "Orso marsicano nero, orso marsicano bianco".

Quando gli abbiamo detto che la nostra successiva tappa sarebbe stata il Montenegro, ci ha avvertito: "Mi raccomando, l'antico vaso deve essere portato in salvo".

Lo faremo per te Emir!

Ci dirigiamo così nel minuscolo stato della regione. Arrivamo al Durmitor, grandissimo parco naturale punteggiato da decine di laghi e vette immacolate. Pare de sta in Svizzera.

L'accoglienza è balcanica però. Er pischello dell'ostello ce dice che la sera farà un barbecue per tutti gli ospiti. A gratis. Arrivata l'ora se mette davanti alla griglia co na parananza cor faccione de Walter White e la scritta "I love cooking". 

Dopo la cena non so per quale strano motivo c'avemo tutti l'occhi sparati, non c'avemo sonno e se volemo tutti bene. Io e Scuzzi conosciamo due pischelle rumeno-canadesi di origini armene che tentano di farci ubriacare a suon di rakia per abusare di noi.

Scuzzi colleziona anche un nuovo soprannome quando nel pieno delle bevute, annebbiato dai laghi d'alcool, sostituisce il suo classico accento dello Yorkshire co no sbiascicante inglese dei Castelli Romani, e una delle due ragazze prova a dirmi in un italiano storpiato: "Tu amico es Drunko". Drunko, rivisitazione romano-balcanica del Drugo coheniano. Un personaggio adatto per il film che sta girando il nostro amico Emir in Molise.

Il giorno dopo ci alziamo co na felpa de cemento sulla lingua e er cerchio in testa. Consigliati da chissà quale incubi decidiamo di prendere a nolo due mountain-bike e di goderci i bellissimi paesaggi de st'angolo de monno che pare Svizzera ma costa un quarto. Se famo consijà qualche itinerario da Walter White.

Partimo alla prima salita come due Nibali. Sudamo tutta la rakia del giorno prima. Portamo le bici a mano. Arrivamo in cima ar cucuzzulo e ci godiamo la discesa rinfrescante.
Ripassamo all'ostello dal nostro pusher di consigli preferito. A Heisenberg, tutto bello, quello che te pare ma mo dacce un itinerario più fattibile.

- Nve preoccupare, ve mando ar Lago dell'occhio der diavolo. Tutto in pianura. Vi sembrerà de sta in Scozia. Tutto piatto.

Lago dell'occhio der diavolo? Er nome nun promette bene.

Partimo, a metà strada ce viene un dubbio. Ma da quando la Scozia è piatta?

Dopo ncurvone della morte iniziano i saliscendi infernali, mancava solo che uscisse qualche contadino der posto cor kilt a rincorrece colla spada e gridandoce appresso: "Sporchi inglesi, lo sappiamo che Drunko da lucido parla come quelle merde secche sudditi della regina."

Che poi è pure risaputo oramai che il kilt è una tradizione scozzese inventata da un industriale inglese, come documenta dettagliatemente lo storico Hobsbawm nel primo capitolo del suo "L'invenzione della tradizione".

Quindi la scena de Braveheart coi kilt alzati al vento e i culi de fori è storicamente falsa. Come è falso che la Scozia  è piatta perché qua io e Scuzzi stamo a svenì.

Mortacci sua, de Walt Whitman e de Mel Gibson.

Lago dell'occhio der diavolo
Ma che Whalt Whitman, quello de Breaking Bad se chiama Walter White.

Arrivamo ar Lago dell'occhio der diavolo distrutti ma contenti. Tornati all'ostello non avemo er tempo de pensa' che se buttamo al letto. Breaking Bed. 

Se arzamo er giorno dopo coi pensieri confusi. Emir Kusturica? Orso marsicano? Molise? Scozia? Walter White? Sono tutte invenzioni della nostra mente? Era tutto un'allucinazione?

Vicino al nostro letto, una bottiglia di rakia vuota. Almeno l'antico vaso l'abbiamo portato in salvo.


venerdì 29 agosto 2014

Trebinje - Lasciate ogni speranza voi ch'intrate

Salutamo Dubrovnik e la Croazia e se ributtamo verso er centro. Direzione Trebinje, Repubblica Srpska, regione autonoma della Bosnia e Erzegovina. Alla stazione degli auto arriva un catorcio sgangherato che scoppietta come er sidecar ne Gli Aristogatti.
Più che n’autobus è un vano de qualche metro cubo collegato a quattro rote e pitturato alla volemose bene co npo’ de giallo e blu.

Arrivederci Europa. Er viaggio dura poco e noi arrivamo alla stazione de Trebinje freschi come du rose ma co qualche petalo in meno lasciato la sera prima in Croazia.
Più che a na stazione però qua stamo a no spiazzale, anfatti nce sta na bijetteria o un punto informazioni nell’arco de centro chilometri. Appiccicato all’entrata de sto spiazzale c’è sta solo un cartello cogli orari de tutti l’auti. Scritto coll’alfabeto cirillico. Fermamo ncoatto antico de sti pizzi e je chiedemo se è bosniaco e se ce po' aiutà. Primo errore, qua stamo nello stato della Bosnia e Erzegovina ma la regione è la Repubblica Srpska, a maggioranza serba e con uno statuto autonomo.
No! Sono serbo. Ce imbruttisce ma poi je viè da ride e ce aiuta a decifrà sti geroglifici balcanici. Ce indica cor dito, sbattendoce in faccia l’ascella da coatto antico che d’estate bazzica lo Zion, la città do dovemo annà pe pijà l’auto che poi ce porterà ner nord der Montenegro.

Hvala. Grazie zi se vedemo ar Pincio colla machina modificata quando torno a Roma.

Co Scuzzi se addentramo nella quieta cittadina de Trebinje. C’avemo n’indirizzo. Obala Mića Ljubibratića, ostello Harambaša. Su internet ce sta na descrizione de sto posto che pare er paradiso dei viaggiatori fiji de fiori co zaino in spalla. Ma er paradiso esiste pe davero? E st’ostello?

Iniziamo a chiede informazioni. La gente ce sballottà a destra e a sinistra finché non arrivamo a Obala Luke Vukalovića. Fuocherello. Capimo che Obala vordì lungofiume e qui essendocene solo uno de fiume non dovremmo sta lontani da sto paradiso. Ma ner paradiso ce stanno i fiumi?

Obala de qua, Obala de là. Sta Mica Ljubibratića nessuno sa ndo sta. Solo Luke Vukalovića conoscono. Er fuocherello inizia a scotta'. Non staremmo mica vicino all'inferno?

Tutti ce dicono: Obala è questa. Ma noi ne cercamo un'altra. Come se un bosniaco a Piazza de Spagna cercasse Piazza der Popolo e noi je dicessimo: questa è na Piazza!

Percorremo tutto er fiume. Uno che pare uscito dalla serie The Soprano ce consijà de guadà er fiume. Poesse che sta Mica Ljubibratića sta sull’altra sponda. Ma pe guadà sto fiume dovemo fa' lo slalom tra le alghe, fa' l’equilibristi su dei massi, combatte la corrente, schivà le risa dei presenti e sopportà er peso de du zaini a capoccia. Ao a dimonio con occhi di bragia, noi ar paradiso dei backpacker dovemo annà, qua ce stai a fa’ attraversa er fiume Acheronte!

Desistemo. Scegliemo er lungofiume come campobase. Acchittamo un bivacco e lasciamo i pesanti zaini. Er paradiso deve esse raggiunto a ogni costo. Scuzzi perlustrà le campagne e le paludi fino a che er fiume non diventa n’acquitrino. Torna perdente. Parto io. Tra palazzi co slogan serbi, turisti ignari, locali che manco sanno come se chiamano me imbarco in una scarpinata lungofiume alla ricerca de st’ostello. Dopo dieci minuti de camminata arrivo a nbaretto e je chiedo do se trova sta via.
Ce stai adesso, è questa. Me fa er padrone. Praticamente a sto paese solo chi abita o lavora a na via conosce er nome. Mo io non pretendo che ve chiamate tutti Google Mapsić ma mannaggia l’alfabeto cirillico, in tutta Trebinje sete ventimila abitanti e ce stanno solo du vie che se chiamano Obala, n’è difficile regà. Pure i Beatles c’hanno fatto la canzone. Obalì Obalà life goes on!

Ma n’è finita qui. La strada per il paradiso è ancora in salita. Questo sa come se chiama la via ma nun sa er numero civico. Dice che poesse che er numero che sto a cercà io sta più verso sinistra. Me imbarco. Nartri venti minuti in mezzo alla macchia. Supero anche er famoso ponte de Trebinje, meno famoso del suo cugino di Mostar. Alla fine arrivo a sta mezza catapecchia. Nce sta nessuno. De fori alla porta ce stanno na quindicina de cassette de cipolle. I vicini de casa me fanno capì in un serbo-bosniaco mimato che Nikola, er padrone dello stabile, se sta a fa’ er bagno ar fiume come Tom Sawyer. E che sicuramente non tornerà prima der tramonto. Bella la vita nella Repubblica autonoma der Missouri dei Balcani.

L’ostello, se così lo volemo chiamà, sembra deserto. Forse è vero: ner paradiso nce sta nessuno. Se uno vole npo’ de compagnia deve decide tra la calca dell’inferno e le villette bilocali der purgatorio. Torno da Scuzzi. So tre ore che stamo a scapoccià pe sta sistemazione. Decidemo de peccà. Pijamo na stanza doppia privata. A n’albergo. Tv via cavo, aria condizionata, bagno privato, lenzuola candide. Diciassette euro a capoccia. Vizio capitale der viaggiatore. Stamo nell’inferno der backpacker. Lasciate ogni speranza voi che intrate.

Noi lasciamo l’aria condizionata spenta e decidemo de concedese un riposo, nelle fiamme calde de st’albergo luciferino.
Cullati tra sti materassi peccaminosi riacquistiamo energie. Siamo pronti pe fa’ du passi.

Di lì a poco incontreremo in città un diavolo. Per la precisione un diavolo della cinepresa balcanica. E capiremo che in viaggio si è quasi sempre in paradiso, pure se er paradiso poesse che nun esiste…